Etimologia.
In questa pagina racconteremo la storia di alcune parole che hanno sollecitato la nostra curiosità.
Soffermarsi su una parola e capirne il significato è un’azione che viene favorita dallo studio del greco e del latino.
Queste lingue sono tutt’altro che morte, vivono nelle pieghe della nostra lingua che impareremo ad assaporare.
Qui di seguito l'elenco dei nostri etimi:
-‘Lustro’
-'Nostalgia' -'Captivitas'
-'Degrado' -'Φέρω alias fero'
-'Economia' -'Δόξα, 'paradosso', 'dogma'
-'ἄγγελος' -'A iosa'
-'Giunone Pronuba' -'Alunno
-'Colere: coltivare, abitare, venerare?' -'Giogo'
-'Testa o a capo?' -'Piantare in asso'
-'Rebus'
In questa pagina racconteremo la storia di alcune parole che hanno sollecitato la nostra curiosità.
Soffermarsi su una parola e capirne il significato è un’azione che viene favorita dallo studio del greco e del latino.
Queste lingue sono tutt’altro che morte, vivono nelle pieghe della nostra lingua che impareremo ad assaporare.
Qui di seguito l'elenco dei nostri etimi:
-‘Lustro’
-'Nostalgia' -'Captivitas'
-'Degrado' -'Φέρω alias fero'
-'Economia' -'Δόξα, 'paradosso', 'dogma'
-'ἄγγελος' -'A iosa'
-'Giunone Pronuba' -'Alunno
-'Colere: coltivare, abitare, venerare?' -'Giogo'
-'Testa o a capo?' -'Piantare in asso'
-'Rebus'
Lustro:
'Lustro' deriva dal latino ‘lustrum’ che, durante il periodo dell’antica Roma del V secolo, indicava una purificazione rituale della città per l’inaugurazione delle attività di censimento presso il Campo Marzio; quest’onere spettava ai due censori che ogni cinque anni venivano eletti, ricoprendo poi l’incarico per diciotto mesi. Durante il giorno del ‘lustrum’ ogni cittadino romano era chiamato a dichiarare sotto giuramento quanti fossero i componenti della famiglia, che lavoro svolgessero e a quanto ammontasse il loro patrimonio. Proprio per la cadenza con la quale venivano eletti i censori, nell’italiano la parola ‘lustro’ viene utilizzata per indicare un lasso di tempo pari a cinque anni. Ancora oggi si pratica il censimento, ma naturalmente avviene tutto in modo telematico e con una regolarità di dieci anni.
'Lustro' deriva dal latino ‘lustrum’ che, durante il periodo dell’antica Roma del V secolo, indicava una purificazione rituale della città per l’inaugurazione delle attività di censimento presso il Campo Marzio; quest’onere spettava ai due censori che ogni cinque anni venivano eletti, ricoprendo poi l’incarico per diciotto mesi. Durante il giorno del ‘lustrum’ ogni cittadino romano era chiamato a dichiarare sotto giuramento quanti fossero i componenti della famiglia, che lavoro svolgessero e a quanto ammontasse il loro patrimonio. Proprio per la cadenza con la quale venivano eletti i censori, nell’italiano la parola ‘lustro’ viene utilizzata per indicare un lasso di tempo pari a cinque anni. Ancora oggi si pratica il censimento, ma naturalmente avviene tutto in modo telematico e con una regolarità di dieci anni.
Rebus:
‘Rebus’ ha un’etimologia incerta, ma si fa comunemente risalire a latino di res, ei (= cosa), perché il messaggio che vuole rappresentare è espresso tramite la rappresentazione iconografica di oggetti. Proprio per questo suo significato ‘rebus’ viene usato per identificare il gioco enigmistico nel quale alcune lettere poste su figure di una scenetta disegnata permettono di comporre una parola o una frase.
La parola ‘rebus’ è anche metafora di una situazione intricata e di difficile interpretazione e da questo lemma deriva l’aggettivo ‘rebussistico’ ovvero ‘enigmatico’. Questo rebus è l’ablativo plurale, vale a dire il complemento di mezzo del vocabolo latino res (cosa e, in senso lato, realtà) e significa, letteralmente, ‘per mezzo delle cose’. Il rebus, per tanto, è quel passatempo (inseriti nei giornali) che consiste nello scrivere le frasi non con le parole ma per mezzo delle cose (rebus). I rebusisti, per esempio, invece di scrivere la parola tre tracciano sulla figura di un re una t e gli esperti leggono subito tre. Per scrivere non hanno adoperato le parole ma le cose (la figura di un re e una t), hanno composto, quindi, un rebus.
Soluzione del rebus:
R-est-ares-ul-latte-nti, quindi ‘Restare sull’attenti’
‘Rebus’ ha un’etimologia incerta, ma si fa comunemente risalire a latino di res, ei (= cosa), perché il messaggio che vuole rappresentare è espresso tramite la rappresentazione iconografica di oggetti. Proprio per questo suo significato ‘rebus’ viene usato per identificare il gioco enigmistico nel quale alcune lettere poste su figure di una scenetta disegnata permettono di comporre una parola o una frase.
La parola ‘rebus’ è anche metafora di una situazione intricata e di difficile interpretazione e da questo lemma deriva l’aggettivo ‘rebussistico’ ovvero ‘enigmatico’. Questo rebus è l’ablativo plurale, vale a dire il complemento di mezzo del vocabolo latino res (cosa e, in senso lato, realtà) e significa, letteralmente, ‘per mezzo delle cose’. Il rebus, per tanto, è quel passatempo (inseriti nei giornali) che consiste nello scrivere le frasi non con le parole ma per mezzo delle cose (rebus). I rebusisti, per esempio, invece di scrivere la parola tre tracciano sulla figura di un re una t e gli esperti leggono subito tre. Per scrivere non hanno adoperato le parole ma le cose (la figura di un re e una t), hanno composto, quindi, un rebus.
Soluzione del rebus:
R-est-ares-ul-latte-nti, quindi ‘Restare sull’attenti’
Nostalgia:
La parola nostalgia deriva dal greco νόστος+άλγος. Νόστος significa propriamente ‘ritorno’; con il lemma νόστοι, infatti, vengono identificati quegli episodi epici che narrano il ritorno degli eroi dopo la guerra di Troia; il più celebre tra tutti quello di Odisseo, narrato nell’Odissea.
Άλγος, in greco antico, significa ‘dolore’ come possiamo vedere nel suffisso ‘-algia’, utilizzato nella formazione di nomi di alcune malattie quali: cefalgia, otalgia, nevralgia e simili.
Degrado:
Il termine degrado: deriva da de-gradus. La preposizione latina de indica un movimento dall’alto verso il basso; gradus, invece, significa ‘passo’; il lemma latino deriva dal verbo gradior che significa ‘camminare’.
Pertanto il sostantivo ‘degrado’ significa propriamente ‘passo verso il basso’.
Economia
Il termine greco ‘economia’, οίκονoμία, è composto dalle parole οἶκος ‘casa, dimora’ e νόμος ‘legge’. Il significato completo equivale ad ‘amministrazione della casa’.
Nell’età greca arcaica il termine nacque per significare le regole di rapporto tra le diverse πόλεις. In seguito la parola si è diffusa nella lingua latina ‘oeconòmia’ e successivamente nella parola francese ‘économie’ da cui derivano vocaboli come ‘economico, economista, economizzare’.
Il termine economia presenta diversi significati:
-viene usato per intendere un uso razionale del denaro e considerato quindi un sinonimo di parsimonia, da cui deriva l’espressione ‘vivere con la massima economia’.
-si usa per significare il complesso delle risorse (come materie prime, energie naturali, impianti) e delle attività di uno stato, di una regione o di un continente.
Il prefisso eco- (οἶκος) è presente in molte parole derivanti dal greco come ecologia ed ecosistema.
Nei due termini, la parola οἶκος assume il significato di ‘ambiente dove si vive’. Infatti, l’ecologia è la scienza che studia l’ambiente in cui vivono gli organismi viventi; mentre l’ecosistema è l’insieme degli esseri viventi e non viventi che interagiscono in un determinato ambiente costituendo un sistema in equilibrio.
L’immagine riportata di fianco rappresenta il commercio e quindi i rapporti economici tra le πόλεις della Grecia arcaica.
Il termine greco ‘economia’, οίκονoμία, è composto dalle parole οἶκος ‘casa, dimora’ e νόμος ‘legge’. Il significato completo equivale ad ‘amministrazione della casa’.
Nell’età greca arcaica il termine nacque per significare le regole di rapporto tra le diverse πόλεις. In seguito la parola si è diffusa nella lingua latina ‘oeconòmia’ e successivamente nella parola francese ‘économie’ da cui derivano vocaboli come ‘economico, economista, economizzare’.
Il termine economia presenta diversi significati:
-viene usato per intendere un uso razionale del denaro e considerato quindi un sinonimo di parsimonia, da cui deriva l’espressione ‘vivere con la massima economia’.
-si usa per significare il complesso delle risorse (come materie prime, energie naturali, impianti) e delle attività di uno stato, di una regione o di un continente.
Il prefisso eco- (οἶκος) è presente in molte parole derivanti dal greco come ecologia ed ecosistema.
Nei due termini, la parola οἶκος assume il significato di ‘ambiente dove si vive’. Infatti, l’ecologia è la scienza che studia l’ambiente in cui vivono gli organismi viventi; mentre l’ecosistema è l’insieme degli esseri viventi e non viventi che interagiscono in un determinato ambiente costituendo un sistema in equilibrio.
L’immagine riportata di fianco rappresenta il commercio e quindi i rapporti economici tra le πόλεις della Grecia arcaica.
ἄγγελος :
La parola greca ἄγγελος significa ‘messaggero’. Nel mondo latino ‘messaggero’ si diceva ‘nuntius’. Con la diffusione del Cristianesimo i ‘messaggeri’ di Dio vennero chiamati ‘angeli’, importando il termine dal mondo greco.
La stessa radice si trova nella parola ‘ Vangelo’,costruita con il prefisso εὖ, che significa ‘ bene’ e la parola ἄγγελον; εὐάγγελον è dunque ‘la buona notizia’ che i discepoli di Gesù diffusero nel mondo.
La parola greca ἄγγελος significa ‘messaggero’. Nel mondo latino ‘messaggero’ si diceva ‘nuntius’. Con la diffusione del Cristianesimo i ‘messaggeri’ di Dio vennero chiamati ‘angeli’, importando il termine dal mondo greco.
La stessa radice si trova nella parola ‘ Vangelo’,costruita con il prefisso εὖ, che significa ‘ bene’ e la parola ἄγγελον; εὐάγγελον è dunque ‘la buona notizia’ che i discepoli di Gesù diffusero nel mondo.
Giunone Pronuba:
Era, Giunone per i latini, dea greca protettrice di parti e matrimoni, era detta 'pronuba'
Cosa possiamo scoprire addentrandoci in questo epiteto? L’aggettivo è derivato dalla radice del verbo nubo
(-is, nupsi, nupum, -ere) che significa ‘sposare’, per le donne.
Da questo termine deriva la parola italiana ‘nubile’ e il vocabolo latino nuptiae, arrivato a noi come 'nozze'.
Alla dea le donne 'incinte' donavano la propria ‘cintura’, quando, gravide, non la stringevano più intorno alla vita.
La parola ‘incinta’, quindi, significa senza cinta (dove ‘in’ ha valore privativo), alludendo al fatto che alle donne incinte non servisse più la cintura.
Era, Giunone per i latini, dea greca protettrice di parti e matrimoni, era detta 'pronuba'
Cosa possiamo scoprire addentrandoci in questo epiteto? L’aggettivo è derivato dalla radice del verbo nubo
(-is, nupsi, nupum, -ere) che significa ‘sposare’, per le donne.
Da questo termine deriva la parola italiana ‘nubile’ e il vocabolo latino nuptiae, arrivato a noi come 'nozze'.
Alla dea le donne 'incinte' donavano la propria ‘cintura’, quando, gravide, non la stringevano più intorno alla vita.
La parola ‘incinta’, quindi, significa senza cinta (dove ‘in’ ha valore privativo), alludendo al fatto che alle donne incinte non servisse più la cintura.
Colere: coltivare, abitare, venerare?
Il verbo colo significa ‘coltivare’, con significato concreto, come possiamo osservare nel termine
agri- cola= ‘contadino’ (colui che lavora il campo).
Il temine in-cola = ‘abitante’ richiama invece l’idea dell’abitare in un luogo.
Se consideriamo il paradigma del verbo colo, is, colui, cultum, colere, vediamo comparire una idea
nuova: anche il termine ‘culto’ deriva dalla stessa radice.
Coltivare implica dunque una cura che può arrivare fino alla venerazione della divinità.
Il verbo colo significa ‘coltivare’, con significato concreto, come possiamo osservare nel termine
agri- cola= ‘contadino’ (colui che lavora il campo).
Il temine in-cola = ‘abitante’ richiama invece l’idea dell’abitare in un luogo.
Se consideriamo il paradigma del verbo colo, is, colui, cultum, colere, vediamo comparire una idea
nuova: anche il termine ‘culto’ deriva dalla stessa radice.
Coltivare implica dunque una cura che può arrivare fino alla venerazione della divinità.
Testa o a capo?
‘Ho mal di testa’ vs ‘Mi duole il capo’.
Le espressioni verbalizzano la stessa situazione con parole di registro linguistico differente.
'Testa’ è la parola di registro più basso, mentre ‘capo’ appartiene ad un registro linguistico più alto. La situazione si ripete per altre parole della nostra lingua: 'grasso'/'pingue'; 'senilità'/'vecchiaia'; 'cavalleresco'/'equestre'…
Nel caso di ‘testa’, il termine deriva dal verbo tego, is, texi, tectum, ere che significa ‘coprire’; la testa è quindi una ‘copertura’, come le ‘tegole’ del tetto. ‘Capo’ è parola più dotta; deriva da caput, capitis; se il termine ‘capo’ nel senso di ‘testa’ è di uso meno frequente, prevale nel parlato il valore traslato di ‘capo’ come guida o il termine derivato ‘capitale’, sia come sostantivo che come aggettivo.
‘Ho mal di testa’ vs ‘Mi duole il capo’.
Le espressioni verbalizzano la stessa situazione con parole di registro linguistico differente.
'Testa’ è la parola di registro più basso, mentre ‘capo’ appartiene ad un registro linguistico più alto. La situazione si ripete per altre parole della nostra lingua: 'grasso'/'pingue'; 'senilità'/'vecchiaia'; 'cavalleresco'/'equestre'…
Nel caso di ‘testa’, il termine deriva dal verbo tego, is, texi, tectum, ere che significa ‘coprire’; la testa è quindi una ‘copertura’, come le ‘tegole’ del tetto. ‘Capo’ è parola più dotta; deriva da caput, capitis; se il termine ‘capo’ nel senso di ‘testa’ è di uso meno frequente, prevale nel parlato il valore traslato di ‘capo’ come guida o il termine derivato ‘capitale’, sia come sostantivo che come aggettivo.
CAPTIVITAS
Deriva dal verbo latino capio che significa ‘prendere’,ma, allargando la sua sfera di significato, anche ‘rendere prigioniero’ (il sostantivo latino captivus-i, infatti, significa ‘prigioniero’). Il termine latino captivitas, dunque, viene utilizzato nella Bibbia, trascritta dal greco al latino, per indicare il periodo di prigionia degli Ebrei a Babilonia, dopo la deportazione operata da Nabuconodosor dal 586 a.C. fino al 539 a.C.; in italiano, per indicare questo evento storico, si usa il termine: ‘cattività babilonese’.
Deriva dal verbo latino capio che significa ‘prendere’,ma, allargando la sua sfera di significato, anche ‘rendere prigioniero’ (il sostantivo latino captivus-i, infatti, significa ‘prigioniero’). Il termine latino captivitas, dunque, viene utilizzato nella Bibbia, trascritta dal greco al latino, per indicare il periodo di prigionia degli Ebrei a Babilonia, dopo la deportazione operata da Nabuconodosor dal 586 a.C. fino al 539 a.C.; in italiano, per indicare questo evento storico, si usa il termine: ‘cattività babilonese’.
Captivitas, come detto precedentemente, significa 'rendere prigioniero', il termine conserva ancora questo significato nell’ambito degli animali con l’espressione ‘animali in cattività’ ovvero animali in prigionia; tuttavia dal sostantivo latino captivus se ne è ricavato l’aggettivo ‘cattivo’, che nel latino classico era espresso conmalus o pravus.
Malus, che propriamente significa 'malvagio', ha conservato il suo significato solo in alcune espressioni come ‘mala vita’ e nell’avverbio 'male'. Pravus ha rovesciato il suo significato, divenendo l’aggettivo 'bravo', utilizzato per identificare una persona ‘abile a compiere determinate azioni’, ma può avere anche una sfumatura ironica come “Bravo che hai compiuto questa sbaglio!”; tuttavia in
alcuni casi conserva il suo significato originario come nel lemma ‘bravata’.
Malus, che propriamente significa 'malvagio', ha conservato il suo significato solo in alcune espressioni come ‘mala vita’ e nell’avverbio 'male'. Pravus ha rovesciato il suo significato, divenendo l’aggettivo 'bravo', utilizzato per identificare una persona ‘abile a compiere determinate azioni’, ma può avere anche una sfumatura ironica come “Bravo che hai compiuto questa sbaglio!”; tuttavia in
alcuni casi conserva il suo significato originario come nel lemma ‘bravata’.
Φέρω alias fero
Φέρω è un verbo utilizzato sia nella lingua greca sia in quella latina (fero, fers, tuli, latum, ferre); in entrambe ha valore di 'portare' oppure 'tramandare'.
Possiamo notare il termine 'fero' in molte parole della lingua italiana, ad esempio 'semaforo' (sema-foro) che significa letteralmente 'portare un segnale'
Un’altra parola di uso comune contenente questo verbo è 'calorifero', un termine che significa letteralmente 'portare calore', oppure 'frigorifero'.
La radice 'fero' è presente anche nella parola latina furtum, da cui deriva la parola italiana 'furto' che consiste nel sottrarre oggetti al possessore di essi, quindi 'portare via'.
Φέρω è un verbo utilizzato sia nella lingua greca sia in quella latina (fero, fers, tuli, latum, ferre); in entrambe ha valore di 'portare' oppure 'tramandare'.
Possiamo notare il termine 'fero' in molte parole della lingua italiana, ad esempio 'semaforo' (sema-foro) che significa letteralmente 'portare un segnale'
Un’altra parola di uso comune contenente questo verbo è 'calorifero', un termine che significa letteralmente 'portare calore', oppure 'frigorifero'.
La radice 'fero' è presente anche nella parola latina furtum, da cui deriva la parola italiana 'furto' che consiste nel sottrarre oggetti al possessore di essi, quindi 'portare via'.
Δόξα, 'paradosso', 'dogma'
Δόξα è una parola del greco antico, significa generalmente 'fama', 'opinione', 'credenza'.
Da questo termine ne derivano altri della stessa lingua greca, ma anche di quella latina e italiana.
La parola greca παράδοξος, parola contenente παρα- (con significato di 'contro'), viene tradotta come 'paradosso', una cosa che va quindi 'contro l’opinione comune'.
Nel latino troviamo invece la parola dogma (dogma, -atis), che può essere tradotto in italiano come 'principio fondamentale'.
Il dogma è un principio che non può essere cambiato, che non può essere quindi oggetto di un’opinione; questo termine viene usato anche in ambito teologico, per indicare in particolare una verità di fede proposta dalla Chiesa come una verità di fede, che è oggettiva e non mutabile. Questa parola è tuttora utilizzata nell’italiano, senza aver ricevuto nessun tipo di variazione. Un’altra parola di origine latina contenente δόξα è il verbo doceo che significa 'insegnare'; inoltre, da questa parola greca, deriva il termine latino doctus, che significa 'dottore'. In ambito universitario, il doctus è colui che è 'dotto', quindi quello che consegue il diploma di laurea.
Δόξα è una parola del greco antico, significa generalmente 'fama', 'opinione', 'credenza'.
Da questo termine ne derivano altri della stessa lingua greca, ma anche di quella latina e italiana.
La parola greca παράδοξος, parola contenente παρα- (con significato di 'contro'), viene tradotta come 'paradosso', una cosa che va quindi 'contro l’opinione comune'.
Nel latino troviamo invece la parola dogma (dogma, -atis), che può essere tradotto in italiano come 'principio fondamentale'.
Il dogma è un principio che non può essere cambiato, che non può essere quindi oggetto di un’opinione; questo termine viene usato anche in ambito teologico, per indicare in particolare una verità di fede proposta dalla Chiesa come una verità di fede, che è oggettiva e non mutabile. Questa parola è tuttora utilizzata nell’italiano, senza aver ricevuto nessun tipo di variazione. Un’altra parola di origine latina contenente δόξα è il verbo doceo che significa 'insegnare'; inoltre, da questa parola greca, deriva il termine latino doctus, che significa 'dottore'. In ambito universitario, il doctus è colui che è 'dotto', quindi quello che consegue il diploma di laurea.
Etimo della parola “a iosa”
L’espressione, sia colloquiale che letteraria, significa 'abbondante', 'in gran numero'.
Da dove nasce un’espressione così curiosa?
I ragazzi tendono in ogni epoca ad imitare i comportamenti e i giochi svolti dagli adulti; nel caso in questione si tratta della simulazione del gioco con monete, come in alcuni giochi da tavolo moderni, ad esempio ‘Monopoli’; per non dare ai bambini soldi reali, nacque la tradizione di creare piccole monete in piombo o in legno, i materiali più facilmente reperibili, chiamate ‘chiose’, che avrebbero dovuto simulare il denaro.
Da qui nasce l’espressione ’a chiosa’, che, però, a causa della parlata toscana, che tende ad aspirare il suono ‘ch’ a inizio parola, diventò ‘a iosa’, che significa appunto ‘in gran quantità’, come il quantitativo di chiose che venivano prodotte.
Si può erroneamente pensare che ‘fare una chiosa’ abbia un significato legato all’ espressione sopra spiegata, ‘a chiosa’, che ha, invece, un significato completamente differente. ‘Fare una chiosa’, infatti, significa scrivere un’annotazione a bordo pagina; questa azione si può dire, anche, ‘fare una glossa’. ‘Chiosa’ è dunque derivato da ‘glossa’ (in greco antico γλῶσσα, che significa 'parola' o 'lingua'. ‘Fare una chiosa’ significa perciò ‘aggiungere un commento’.
L’espressione, sia colloquiale che letteraria, significa 'abbondante', 'in gran numero'.
Da dove nasce un’espressione così curiosa?
I ragazzi tendono in ogni epoca ad imitare i comportamenti e i giochi svolti dagli adulti; nel caso in questione si tratta della simulazione del gioco con monete, come in alcuni giochi da tavolo moderni, ad esempio ‘Monopoli’; per non dare ai bambini soldi reali, nacque la tradizione di creare piccole monete in piombo o in legno, i materiali più facilmente reperibili, chiamate ‘chiose’, che avrebbero dovuto simulare il denaro.
Da qui nasce l’espressione ’a chiosa’, che, però, a causa della parlata toscana, che tende ad aspirare il suono ‘ch’ a inizio parola, diventò ‘a iosa’, che significa appunto ‘in gran quantità’, come il quantitativo di chiose che venivano prodotte.
Si può erroneamente pensare che ‘fare una chiosa’ abbia un significato legato all’ espressione sopra spiegata, ‘a chiosa’, che ha, invece, un significato completamente differente. ‘Fare una chiosa’, infatti, significa scrivere un’annotazione a bordo pagina; questa azione si può dire, anche, ‘fare una glossa’. ‘Chiosa’ è dunque derivato da ‘glossa’ (in greco antico γλῶσσα, che significa 'parola' o 'lingua'. ‘Fare una chiosa’ significa perciò ‘aggiungere un commento’.
Alunno
La parola ‘alunno’ deriva dalla parola latina alumnus; il termine è costruito dalla radice del verbo alere che significa ‘nutrire’.
Alunno è dunque: ‘colui che viene nutrito’.
La stessa radice si può trovare anche nelle parole ‘alimento e alimentare’.
La parola ‘alunno’ deriva dalla parola latina alumnus; il termine è costruito dalla radice del verbo alere che significa ‘nutrire’.
Alunno è dunque: ‘colui che viene nutrito’.
La stessa radice si può trovare anche nelle parole ‘alimento e alimentare’.
Giogo
Il termine ‘giogo’ (dal latino iugum) è uno strumento che viene usato per l’attacco dei bovini a carri o all'aratro. Il giogo più comune è quello frontale, applicato alla fronte, saldato alle corna e collegato a un bilancino, ma Italia veniva molto usato il giogo di collo (o doppio di garrese). Oggi tale strumento viene usato solo nei paesi dove si pratica un’agricoltura rudimentale, priva di strumenti tecnologicamente avanzati.
Può essere usato per indicare la sommità di montagna lunga e tondeggiante, valico montano; il termine compare in toponimi alpini (per es., ‘Giogo dello Stelvio’), spesso con varianti dialettali (ladino dolomitico giou, giau), e in toponimi appenninici (per es., ‘Giogo di Scarperia’).Si tratta di una metafora che trasferisce il termine giogo alla realtà geografica per la comunanza della forma, come dimostra la foto di un antico giogo.
Il termine ‘giogo’ (dal latino iugum) è uno strumento che viene usato per l’attacco dei bovini a carri o all'aratro. Il giogo più comune è quello frontale, applicato alla fronte, saldato alle corna e collegato a un bilancino, ma Italia veniva molto usato il giogo di collo (o doppio di garrese). Oggi tale strumento viene usato solo nei paesi dove si pratica un’agricoltura rudimentale, priva di strumenti tecnologicamente avanzati.
Può essere usato per indicare la sommità di montagna lunga e tondeggiante, valico montano; il termine compare in toponimi alpini (per es., ‘Giogo dello Stelvio’), spesso con varianti dialettali (ladino dolomitico giou, giau), e in toponimi appenninici (per es., ‘Giogo di Scarperia’).Si tratta di una metafora che trasferisce il termine giogo alla realtà geografica per la comunanza della forma, come dimostra la foto di un antico giogo.
‘ Piantare in asso’
‘Piantare in asso’ significa abbandonare improvvisamente qualcuno.
L’espressione deriva dal celebre racconto mitologico di Teseo e Arianna: la bella figlia del re di Cnosso si innamorò dell’eroe ateniese e lo aiutò nella sua impresa contro il Minotauro. Sconfitto il mostro,
Teseo e Arianna partirono da Cnosso, ma Teseo, temendo le reazioni dei suoi concittadini se avesse portato in patria una donna straniera, figlia del nemico, abbandonò la fanciulla sull’isola di Nasso.
Con il tempo i parlanti, non consapevoli del mito da cui venne originata l’espressione, trasformarono
la frase in “piantare in asso”, sostituendo al termine geografico, non conosciuto, una parola nota,
che di per sé non avrebbe alcun senso. Rimase tuttavia nella nuova formulazione l’idea dell’essere
abbandonati all’improvviso, perentoriamente e senza possibilità di scampo.
‘Piantare in asso’ significa abbandonare improvvisamente qualcuno.
L’espressione deriva dal celebre racconto mitologico di Teseo e Arianna: la bella figlia del re di Cnosso si innamorò dell’eroe ateniese e lo aiutò nella sua impresa contro il Minotauro. Sconfitto il mostro,
Teseo e Arianna partirono da Cnosso, ma Teseo, temendo le reazioni dei suoi concittadini se avesse portato in patria una donna straniera, figlia del nemico, abbandonò la fanciulla sull’isola di Nasso.
Con il tempo i parlanti, non consapevoli del mito da cui venne originata l’espressione, trasformarono
la frase in “piantare in asso”, sostituendo al termine geografico, non conosciuto, una parola nota,
che di per sé non avrebbe alcun senso. Rimase tuttavia nella nuova formulazione l’idea dell’essere
abbandonati all’improvviso, perentoriamente e senza possibilità di scampo.